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Il viaggio della tartaruga - Dispaccio #6

Introduzione #

Finito di leggere nell’agosto 2024, questo libro descrive principalmente i viaggi delle tartarughe liuto (Dermochelys coriacea) nell’Oceano Atlantico e nel Pacifico.

Il racconto svela quanto questa tartaruga mastodontica sia meravigliosa e in pericolo a causa della pesca, del bracconaggio e del turismo sulle coste dove l’esemplare torna a nidificare. La narrazione però si concentra molto anche sugli sforzi compiuti da enti e studiosi per adottare sistemi di convivenza tra l’animale e l’uomo che potessero garantirne la salvaguardia: si parla delle reti innovative che consentono il passaggio delle tartarughe e non dei pesci o dei crostacei e della scelta di evitare di illuminare le coste dove questa specie nidifica con luci che possano confondere i nuovi nati nella loro corsa verso il mare quando di notte la sua spuma brilla di riflesso delle stelle e della luna.

Ci sono diversi punti e pagine che ho segnato e sottolineato, vuoi perché mi sono piaciute, vuoi perché le ritengo importanti. Così per non dimenticare niente, ho deciso di riscriverle e soprattutto ho deciso che, d’ora in avanti, ricopierò le citazioni dei libri in nuovi post da mettere nei Dispacci.

Pagina 304 - Le Tartarughe Liuto #

(…) Sott’acqua, una Liuto appare davvero grande: hanno proprio una gran presenza. Vogano solo fare con con le pinne anteriori; usano le posteriori unicamente come timoni. Quando cominciano a muoversi, anche se le pinne remano appena, non si riesce a star loro dietro. Vedere come nuotino senza sforzo, quanto siano efficienti, è davvero sorprendente. Tutto quello che ha a che fare con il loro movimento - proprio tutto - è perfettamente armonioso. Perfino quando cambiano direzione, la virata fa parte di un unico movimento fluido senza soluzioni di continuità. Ti guardano da sopra la spalla e se decidono di andarsene non s’affrettano: semplicemente vanno via planando, virano verso il basso e scendono in profondità. Ti lasciano toccare il guscio, ma non appena sfiori le pinne… se ne sono già andate.
Sott’acqua, sono bluastre. E quel disegno maculato è un impressionante camuffamento. Appena s’allontanano un po’, cominciano a mescolarsi con lo sfondo. Non è che scompaiano nel buio; è che le macchie danno la sensazione di disintegrarsi davanti ai tuoi occhi.
Le Liuto non possono smettere di muoversi; catturate e messe in un acquario, continueranno a nuotare. Alla fine, sbattendo contro il vetro bagnato, si spaventeranno a morte. Non conoscono barriere. Non si rendono conto che esistono limiti. Nell’oceano, vanno - vanno.

Pagina 397-398 - Imparare dalle Liuto a essere umani #

Nella nostra forma attuale, noi esseri umani siamo sul pianeta da circa centomila anni appena, e per molti versi stiamo ancora emendendando i nostri difetti. Queste tartarughe, nostre compagne di viaggio, ci superano nettamente per longevità, giacché si sono guadagnate tre zeri più di noi. Sul loro curriculum hanno cento milioni di anni di successo evolutivo, e hanno imparato qualche cosa su come sopravvivvere in questo mondo. Se gli esseri umani sopravvissero altri cento milioni di anni, mi aspetterei di non trovarli più a cavalcare tori. Non tanto perché penso che gli animali abbiano dei diritti; è che credo che gli esseri umani abbiano cuore e mente - benché debba ancora trovare una prova solida e convincente della presenza dell’uno e dell’altra. Le tartarughe possono forse sembrare prive di buon senso, ma non fanno cose prive di senso. Non sono terribilmenteanno attive, eppure non sprecano energie. Non hanno l’intelletto necessario per farsi un’opinione su coccetti come l’avidità, l’oppressione, la superstizione o l’ideologia - eppure non infliggono sofferenza a se stesse o ad altre creature. Le tartarughe non sono in grado di prevedere che cosa potrebbe accadere, eppure nulla di ciò che fanno costituisce un’effettiva minaccia per il futuro dell’altro. Le tartarughe non pensano alla generazione successiva, ma corrono rischi e fanno quanto è in loro potere per garantire che ve ne sia una. Per contro, noi professiamo di amare i nostri figli più di qualsiasi altra cosa, eppure ogni giorno derubiamo soprattutto loro. Non possiamo imparare a diventare più simili alle tartarughe, tuttavia da loro potremmo imparare a essere più umani: ecco la saggezza contenuta in cento milioni di anni di sopravvivenza. Che cosa le tartarughe possano imparare da noi, invece, non riesco proprio a immaginarlo.

Pagina 419 - Eliminare le cause della povertà #

Un paio di notti fa, a Mazatlàn, Alberto Abreu - un amico di Laura, genetista specializzato nella fauna selvativa - ci aveva raccontato di come la pesca dei gamberi si vada intensificando su questa costa: «Troppe barche - e la ragione è che c’è una crisi nelle campagne: ci sono più persone, ma non abbastanza terra. Così la popolazione si riversa sulla costa, a pescare e a trafficare droga. Questi non sono pescatori tradizionali. Le loro reti catturano tartarughe; alcune le vendono, altre le scartano. Quest’anno, in una settimana, ne sono arrivate sulla spiaggia più di cinquanta morte, portate alla deriva.
Venticinque anni fa pensavamo che avremmo salvato il mondo lavorando con le le tartarughe sulle spiagge; adesso credo che la chiave della conservazione stia nell’eliminazione delle cause della povertà».

Pagina 421 - Quando mercati lontani… #

Suona familiare. Dalle grandi foreste del nord-ovest del Pacifico alle barriere coralline della Micronesia, dai giganteschi tonni del New England ai rinoceronti, alle tigri, agli orsi, alle tartarughe e altro ancora - questo è uno schema familiare: quando mercati lontani offrono nuovo denaro, alimentati da un’insaziabile domanda proveniente dall’esterno, l’uso locale della natura, da tempo consolidato, si intensifica provocando deflagrazioni di sovrasfruttamento e un crollo delle popolazioni.

Pagina 445 - Quanto rapidamente ci si abitui #

Oggi ho visto più tartarughe morte che in tutta la mia vita fino a ieri - così mi ci sono familiarizzato. La vista e l’odore non mi appaiono più insoliti, ed è proprio questa la cosa più strana: quanto rapidamente ci si abitui. È un paradosso della meccanica emotiva umana il fatto che, nel momento in cui le tragedie s’accumulano formando una montagna di scandalosa ingiustizia, noi ci abituiamo sempre di più, ci sentiamo sempre più a nostro agio alla loro vista, diventiamo capaci di parlarne con calma, proprio quando dovremmo alzare al cielo un urlo, come le sirene d’un allarme antiaereo. Una delle grandi creature del pianeta sta scomparendo - qui e ora, una carcassa dopo l’altra - e i pescatori si stringono nelle spalle, i politici fanno altrettanto e i presti dispensano le solite benedizioni: «Che cosa volete farci? La gente deve pur mangiare».

Pagina 486 - Le Balenottere Azzurre #

L’economia energetica che rende possibili le Balenottere Azzurre è interessante. Questi cetacei possono permettersi di essere così grossi perché abbreviano la catena alimentare tra lo zucchero prodotto grazie alla luce solare e il più grande animale del mondo riducendola a un unico anello intermedio: il krill. Il krill pascola su vegetali unicellulari, e i cetacei attingono poi direttamente a tutta quell’energica. In termini economici, quindi, le creature del krill sono grossisti portati all’estremo, intermediari ecologici che prendono l’energia di origine solare immagazzinata dal fitoplacton e la convogliano direttamente al vertice della catena alimentare senza che altri effettuino prelievi intermedi.

Pagina 523 - Warmon, Nuova Guinea #

Warmon, Nuova Guinea. Non abbiamo camminato per neanche duecendo metri quando Peter Dutton nota tra le onde il profilo scuro di una tartaruga. Un passo barcollante dopo l’altro, l’ombra poi s’inerpica: ombra tra le ombre, scompare sullo sfondo di velluto nero della foresta primaria. Invece di seguirla, ci sediamo in silenzio mentre i nativi fumano e masticano noci di betel, parlando nella loro lingua che suona come un mormorio sommesso, e le nostre voci si uniscono al ritmico sciabordio delle onde - shhh, shhh. Prima di metterci al lavoro, lasciamo che cominci a scavare in pace. Questo è uno dei primi interventi di censimento scientifico che sia stato fatto qui. Solo l’anno scorso si è capito che Warmon è un’importante area di nidificazione delle Liuto, finora ignorata.

Pagina 531-533 - La linea di Wallace #

La linea di Wallace è il confine biologico più netto esistente sulla Terra. Separa animali e piante dell’Asia da quelli della regione australiana. Due mondi. È dove finiscono le scimmie e iniziano i canguri arborici. La linea di Wallace corre tra Bali e l’isola di Lombok, e tra il Borneo e Sulawesi, per poi piegare verso est, a sud delle Filippine. Durante le ere glaciali del Pleistoecene, quando il livello del mare era di molte decine di metri più basso di oggi, le attuali isole a ovest della linea erano connesse, e facevano tutte parte della massa continentale. Gli animali e le piante provenienti dal continente asiatico potevano muoversi ovunque propagarsi liberamente. Acque profonde separavano invece quell’area dalla Nuova Guinea, dall’Australia e dalle loro isole. Tigri, scoiattoli, elefanti, fagiani, moltissimi altri animali e la maggior parte dei semi non potevano attraversala - né potevano farlo i canguri, gli opossum o i mammiferi australiani ovipari. Ecco perché su ciascun versante della linea le cose sono tanto diverse. (…)
Benché la speculazione sul modo in cui gli esseri umani abbiano infranto la linea di Wallace sia intrigante, dobbiamo comunque prendere atto di un fatto incontrovertibile: gli esseri umani attraversarono il mare aperto verso l’Australia decine di migliaia di anni prima che vi fosse una qualsiasi evidenza di imbarcazioni nel Mediterraneo - o in qualsiasi altro luogo nel mondo. Può darsi che sessantamila anni fa i prima abitanti della Nuova Guinea e dell’Australia abbiano guidato il mondo verso la tecnologia creativa, e perciò forse anche verso l’arte. Jared Diamond conclude questa serie di congetture osservando: «Wallacea potrebbe essere stata il crogiolo della creatività umana, e i nostri antenati potrebbero aver varcato il confine dell’essere scimmie all’essere umani proprio nel momento in cui attraversarono la linea di Wallace».

Pagina 569 - Il canto dei Seri #

I Seri sanno che i loro canti hanno il potere di comunicare con le tartarughe. Gli scienziati vi diranno che in effetti sembra proprio vero. «Quando sei fuori in barca, in una giornata in cui nessuno ha visto una tartaruga, e un anziano comincia a cantare, e all’improvviso a un metro e mezzo compare una tartaruga,», mi ha raccontato l’etnobiologo Gary Nabhan «percepisci che tra queste persone e le tartarughe marine esiste una qualche connessione che merita rispetto».